La società italiana è
fortemente patrimonializzata, il valore della ricchezza posseduta dalle
famiglie italiane è ca. 6-7 volte il PIL. Contemporaneamente, dato confermato
anche da uno degli ultimi rapporti Censis, si assiste a una incapacità di investire
questa ricchezza.
'Abbiamo resistito
alla crisi riproponendo il tradizionale modello adattativo-reattivo: non
abbiamo esasperato il primato della finanza sull'economia reale, le banche
hanno mantenuto un forte aggancio al territorio, il sistema economico e'
caratterizzato da una diffusissima e molecolare presenza di piccole aziende, il
mercato del lavoro e' elastico (si pensi al sommerso) e protetto (si pensi al
lavoro fisso e agli ammortizzatori sociali), le famiglie sono
patrimonializzate. La crisi ha finito per rallentare il processo di uscita dal
puro adattamento intravisto lo scorso anno, quando all'orizzonte si presentava
quasi una 'seconda metamorfosi', dopo quella degli anni fra il '45 e il '75.
Sono pero' in corso alcuni processi di trasformazione''.
''La societa' italiana e'
una societa' testardamente replicante. Quel 'non saremo piu' come prima' che un
anno fa dominava la psicologia collettiva e' mutato in un 'siamo sempre gli
stessi'''. Lo sostiene il Presidente del Censis, Giuseppe De Rita, a commento
della presentazione del 43° rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese
2009.
Sono in molti a sostenere che si tratti
di una fase di trasformazione strutturale e non di un momento congiunturale,
sono venuti a mancare alcuni assunti di base che hanno caratterizzato il mondo
del lavoro negli ultimi 50: continuità lavorativa e crescita lineare.
Andrebbe ricostruita una “società”
sulla base dei nuovi assunti.
Paradossalmente avere una società
fortemente patrimonializzata in un mondo che cambia velocemente e dominato da
“filosofie” antitetiche all “essere sempre gli stessi”, rappresenta un
bottleneck enorme rispetto alla capacità di stare al passo dei tempi.
E allora che fare? Rimanendo
strettamente ancorati al territorio dell’impresa, credo che la prima cosa sia,
parafrasando il prof. Amadori, “rafforzare le infrastrutture mentali
dell’impresa”; aumentare cioè drasticamente la capacità della classe dirigente
di interpretare la realtà senza farsi trascinare dai vecchi paradigmi. In altre
parole allenare l’inutito, perché senza allenamento e disciplina anche il
talento più brillante non produce risultati degni di nota (Michael Jordan).
Vi
invito a dare un’occhiata a un metodo di allenamento della capacità di pensare
(il futuro) senza farsi trascinare dai vecchi paradigmi, i Thinking Processes
Tools della TOC (Theory of Constraints) – ne potete trovare una buona descrizione
e un caso di applicazione in questo libro “Creare valore nel territorio: il caso Cassa Padana. Come
organizzare e partecipare il cambiamento” seguendo questo link: http://www.ibs.it/code/9788846475572/pettinati-luigi/creare-valore-nel.html
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