Nel corso delle
conversazioni con i suoi collaboratori e anche in occasione di seminari o
conferenze Eli Goldratt è solito dire che “TOC is not fun”.
Poiché per quelli che lo
ascoltano in quel momento “TOC is fun”, è necessario cercare di capire meglio
che cosa ci vuole dire Goldratt, il padre della teoria di management più
innovativa degli ultimi decenni (ndr: così Business Week definisce Goldratt e
la TOC).
Goldratt di sicuro non
ci vuole convincere che transire da un paradigma manageriale ad un altro sia
come passare una giornata a Gardaland. Per intuire quanto sia rilevante la
transizione da compiere occorre spendere qualche parola sulla TOC.
La TOC è una teoria di
management, una teoria che, in quanto tale, deve dare conto di una pluralità di
fenomeni aziendali.
Questa teoria è un
insieme di un approccio mentale diverso alla gestione aziendale e di una serie
di tecniche specifiche per alcune aree funzionali; queste tecniche si chiamano
DBR – drum buffer rope – per la produzione, Catena Critica per la gestione dei
progetti, replenishment per la logistica e così via. Le tecniche per quanto
potenti siano non portano a risultati duraturi se non si riesce ad acquisire il
nuovo paradigma.
La diversità
dell’approccio mentale si misura attraverso il concetto cardine della TOC: i
risultati di un sistema dipendono dalla capacità di far fruttare al meglio la
“risorsa scarsa”, e quindi in primis da quanto accettiamo l’idea che le risorse
disponibili sono finite. In questo senso la TOC è una disciplina che ci
permette di gestire al meglio risorse limitate.
La TOC è come il Gran
Canyon, può essere esplorata a diversi livelli di profondità, il vero
throughput (l’unità di misura del valore generato secondo la TOC) che si
ottiene da queste esplorazioni, a qualunque profondità le conduciate, è l’acquisizione
della consapevolezza di chi siamo e di chi vogliamo essere nel mercato [1], sia
come individuo che come organizzazione. Acquisire lucidità nell’interpretazione
della realtà non è sempre divertente, anzi in senso etimologico non lo è
proprio!
I risultati economici,
per i quali la TOC ha acquisito fama internazionale, seguono e sono la
conseguenza di questa consapevolezza – per un saggio esaustivo su questo
concetto si veda il libro di Goldratt “It’s not luck” North River Press - .
I tempi di comprensione
della TOC sono lunghi, oltre che variabili da persona a persona, per due ordini
di ragioni: i livelli di profondità a cui esplorare la TOC non sono pochi, la
politica di subordinazione al constraint, che la chiave di volta per far
funzionare la TOC, si può creare solo agendo sul consenso ed educando le
persone e quindi lentamente.
Questa comprensione si
manifesta con una crescente adesione ai 3 “ingredienti” principali della TOC:
q
Autodeterminazione: il successo o il non
successo che conseguiamo dipendono in toto dalla nostra abilità nel
decodificare correttamente la realtà e nel superare il constraint-conflitto che
in ogni situazione ci impedisce di arrivare dove vogliamo; il mondo è “brutto,
sporco e cattivo”, ma questa è la realtà, non la causa ultima di ogni
non-successo.
q
Focalizzazione: per cambiare una situazione
“brutta, sporca e cattiva”, occorre una dose rilevante di concentrazione sul
fattore che in quel momento ci sta limitando, il constraint, e sulle azioni che
ci permettono di superarlo; questa azioni devono essere tutte coordinate tra di
loro con un meccanismo di
q
Subordinazione: di attenzione costante non
tanto a come stiamo eseguendo il compito, ma a quanto il compito che stiamo
eseguendo ha rilevanza sul constraint.
Tutto questo non è
“divertimento”, anzi è il suo contrario.
[1] Per un
approfondimento del concetto di mercato si veda Nilton Bonder – Teoria della
felicità economica – Sperling & Kupfer editori
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