venerdì 4 ottobre 2013

Riorganizzare la produzione intorno al vincolo: dal modello concettuale alla realtà aziendale superando le resistenze al cambiamento


Le teorie e le filosofie gestionali che vertono sul tema dell’organizzazione della produzione utilizzano dei formalismi e dei modelli semplici per astrarsi dal caso particolare e descrivere i processi in termini di flussi con input e output definiti. Certe rappresentazioni con caselle che simboleggiano le diverse fasi/centri di lavoro collegate tra loro sono diventate familiari a tutti quelli che si sono interessati a questo tipo di tematiche, anche se c’è una difficoltà strutturale, probabilmente riconducibile alla diversità dei linguaggi, a utilizzare tali formalismi per modellizzare la realtà che sperimentiamo quotidianamente in azienda. 

Non dissimilmente, il rivoluzionario concetto di vincolo  si è sviluppato a partire da un’intuizione fisica di Eli Goldratt, lo scienziato israeliano padre della TOC (Theory of Constraints – Teoria dei vincoli ), e in modo particolare, dagli studi di  fluidodinamica, argomento della sua tesi di dottorato.

A fronte di un approccio così scientifico e degli algoritmi che ha generato, Goldratt  stesso ha lavorato molto per comunicare le sue teorie in una forma semplice, accattivante e al tempo stesso  rigorosa dal punto di vista concettuale.  “L’obiettivo”, il libro che ha venduto oltre tre milioni di copie nel mondo,  è il suo primo e più celebre romanzo.
 Nel personaggio di Alex Rogo, direttore di stabilimento alle prese con problemi professionali e privati, si sono immedesimati moltissimi manager americani, come testimoniano le migliaia di lettere che Goldratt ha ricevuto.
Anche a distanza di vent’anni, il libro è del 1982,  gli interrogativi e le sfide che si presentano ad Alex e alla squadra, ad esempio il problema del rispetto dei tempi di consegna, dell’individuare il corretto sistema di misura, del passare da una gestione del day-by-day con quotidiana rincorsa dei problemi ad un approccio volto ad identificare le cause profonde dei problemi stessi,  mantengono inalterata la loro attualità.

L’algoritmo che viene descritto nel libro, Drum – Buffer – Rope (DBR),  rappresenta la soluzione operativa per la produzione e si articola in un percorso iterativo che passa attraverso l’individuazione/scelta strategica di un vincolo fisico, generalmente una fase della lavorazione o un macchinario, e la riorganizzazione delle altre fasi e risorse intorno a questo.

In breve i 5 passi di focalizzazione, che vengono ricavati per induzione  ne “L’obiettivo” e trattati  analiticamente in  tutte le loro implicazioni in una serie di saggi e articoli successivi, sono:

1)    Identificare/scegliere il constraint del sistema, coerentemente con quelli che sono gli obiettivi del sistema stesso
2)    decidere come massimizzare  le prestazioni del constraint: far lavorare il vincolo nelle migliori condizioni e con la più alta resa possibile
3)    subordinare tutto il resto alle decisioni prese per il constraint: per definizione le altre fasi/risorse hanno capacità in eccesso. La funzione di tale capacità è prima di tutto di protezione del constraint stesso. La programmazione viene costruita sulla base delle esigenze del vincolo, anche se questo significa sottottimizzare gli altri centri di lavoro
4)    elevare il constraint: una volta che il meccanismo di subordinazione è in essere,  è corretto, laddove sia possibile, aumentare la capacità del constraint ricalibrando di  conseguenza quella degli altri centri di lavoro se si vuole che il vincolo non si sposti
5)    tornare al passo 1 e non laciare che l’inerzia diventi il nuovo constraint del sistema: nel tempo può verificarsi una perdita di focalizzazione dovuta sia ad un errato dimensionamento delle capacità e delle interdipendenze tra le capacità dei centri di lavoro  che porta il sistema verso un progressivo  bilanciamento, sia a fattori più propriamente umani legati alle resistenze all’ammontare di cambiamento che una riorganizzazione radicale del modo di lavorare porta con sé.

L’entusiasmo che ha accolto il libro non si è tradotto in un altrettanto estensiva applicazione e implementazione nelle aziende di  Drum – Buffer -  Rope  (DBR). L’oggetto - libro, perfettamente fuzionale come introduzione, risultava non del tutto adeguato per il passo successivo: soprattutto chi ha quotidianamente a che fare con realtà produttive, con processi, sente l’esigenza di visualizzare in modo più immediato gli aspetti teorici  e in qualche modo anche pratici della gestione del sistema attraverso il constraint. Inoltre l’interazione che esiste tra un libro e il suo lettore è per definizione in una sola direzione, cosa che non aiuta a generare soluzioni per le aziende e, a maggior ragione, ad avere un riscontro, una traduzione del pensiero in azione.

Per facilitare questa traduzione e per permettere alle persone che lavorano in produzione di “toccare con mano” che cosa significa gestire secondo il constraint  e secondo DBR,  subito dopo il libro Goldratt e la sua squadra  hanno progettato un software didattico interattivo, un simulatore. Questo oggetto viene tuttora utilizzato, con ottimi risultati, per la formazione preliminare all’applicazione della TOC in azienda, anche se ormai è tecnologicamente obsoleto.

Ispirandosi ad esso, negli  ultimi mesi il  Dott. Alessandro Del Prete, matematico, ha sviluppato e perfezionato l’algoritmo, di grande complessità a fronte della semplice veste grafica,  creando un prodotto chiamato Prossimo.

Con i  simulatori, l’utente ha la possibilità di gestire dei processi produttivi modello, avendo a  disposizione diversi schemi di flusso/stabilimento riconducibili a tipologie concrete di azienda.
 In particolare “mandare avanti” lo stabilimento fittizio prescelto comporta accettare la sfida  di soddisfare la domanda di mercato, avendo a disposizione delle risorse limitate, e dovendo quindi individuare dei criteri per risolvere la contesa di risorse.
 Superata la fase  che potremmo definire “trial and error”, funzionale anche ad imparare ad utilizzare l’oggetto acquisendo una certa manualità, si passa dal puro empirismo alla costruzione di un algoritmo di schedulazione.
Lo strumento software è quindi  una sintesi, un ponte, tra modello e realtà, proprio per questo ci piace definirlo un “catalizzatore di processi di pensiero” .

Allo stesso tempo Prossimo è parte di un progetto più complesso, di cui rappresenta solo un primo passo: compreso il modello, l’utente deve essere messo in condizione di poter costruire il proprio processo produttivo utilizzando gli elementi del linguaggio formale come mattoncini del Lego®. Solo a questo punto si potrà parlare propriamente di strumento gestionale: l’utente potrà simulare gli effetti legati alle diverse opzioni tecniche e strategiche sui flussi produttivi.

In ultimo, ritengo importante sottolineare come un impostazione di questo genere  sia completamente coerente con l’approccio socratico del metodo di insegnamento di Goldratt, su cui egli ha sempre particolarmente insistito. Non c’è niente di più antitetico al fornire soluzioni preconfezionate di uno strumento software aperto, in contrapposizione alla consueta rigidità degli strumenti gestionali, e di tutte le domande che può generare.

L’ accoglienza entusiastica e il successo commerciale  de “L’obiettivo” e, in misura minore, delle altre opere di Goldratt, non hanno trovato il riscontro che ci si  sarebbe potuti aspettare in termini di applicazione in azienda. Poche centinaia di implementazioni rispetto al numero di copie vendute è un risultato piuttosto deludente per una metodologia, definizione peraltro limitante se si considera il vasto corpo di conoscenze sviluppato,  prettamente operativa.
Questa resistenza ha cause profonde e, in qualche modo, intrinseche ad ogni processo di cambiamento in cui la persona assuma un ruolo proattivo. Le tre domande preliminari a qualsiasi forma di azione sono:

-       Che cosa cambiare?
-       In che cosa cambiare?
-       Come attuare il cambiamento?

I libri , a maggior ragione se integrati  con uno strumento che faciliti la visualizzazione e fornisca una sorta di addestramento “pratico” come il simulatore (Prossimo) rispetto a “L’obiettivo”, forniscono una risposta esaustiva alle prime due domande. Questo però non è sufficiente perché le azioni programmate vengano effettivamente intraprese.
Negli anni, parallelamente alla presa di coscienza di quanto questi aspetti fossero nodali e di come le componenti emotive fossero inscindibili dai processi logico-razionali, è stata creata una strumentazione concettuale (Thinking Processes Tools) finalizzata a guidare il cambiamento. Il  percorso cui questa strumentazione è associata, è probabilmente la parte più  universale nella sua applicabilità e potente di tutta la TOC.

Il punto di partenza è che ogni processo decisionale, di costruzione del consenso per la decisione, posto che le persone non sono disposte ad intraprendere azioni che non condividono,  si articola in tre fasi:

-       Preparazione
-       Decisione
-       Post-decisione – esecuzione

Sono stati definiti sei livelli successivi di resistenza legati a queste tre fasi:

-       Disaccordo sul problema
-       Disaccordo sulla direzione della soluzione
-       Disaccordo sulla completezza della soluzione (porterà i risultati sperati?)
-       Preoccupazione a causa delle implicazioni negative, a livello aziendale e personale, che deriverebbero dall’implementazione della soluzione
-       Preoccupazione dettata dalle difficoltà e ostacoli ipotizzabili in fase di implementazione
-       Perplessità sulla capacità di implementare la soluzione e dubbi sul come fare

Piuttosto che entrare nel dettaglio dei singoli livelli di resistenza mostrando come con  i TP tools si arrivi a rispondere alla domanda “Come attuare il cambiamento?” – per qualsiasi approfondimento rimandiamo  prima di tutto al nostro sito -  è possibile fare qualche considerazione sul loro significato complessivo.

La struttura del percorso di attraversamento dei sei livelli di resistenza non è casualmente sequenziale: transire ad un livello successivo significa avere acquisito gli elementi di conoscenza corrispondenti al precedente.  In questo senso il disaccordo e la perplessità sono prima di tutto intorno al concetto di conoscenza, cioè  sono il segnale  da parte di colui che riceve il messaggio che l’idea che gli è stata trasmessa non ha senso per lui. Il messaggio quindi non si adatta alla sua logica o percezione della conoscenza. La prima funzione dei TP tools è quellla di decodificatori della logica sottesa alla soluzione, che viene suddivisa in atti elementari e sottoposta ad una progressiva verifica e validazione sia da parte di chi l’ha costruita sia da parte delle persone che sono chiamate ad esprimere il proprio consenso.

L’attraversamento  dei sei livelli di resistenza  ha un legame profondo  con la nostra limitata capacità di previsione. Gli scenari futuri sono infatti il “luogo” degli assunti: in un contesto di  incertezza siamo completamente condizionati dai nostri modelli mentali,  non quindi dalla realtà ma dal modo, spesso deformante, in cui guardiamo a questa.  Verbalizzare questi assunti attraverso i TP tools, verificarne la coerenza logica è un primo modo per sfidarli. Generalmente infatti essi, pur appartenendoci, sono e restano  confinati ad un livello di semi-consapevolezza fintantoché non si adottano gli strumenti opportuni per poterli sollevare.

Il vero punto di svolta è poi l’azione poiché nella misura in cui cambia la realtà, di riflesso cambiano profondamente anche i nostri modelli interpretativi.

Per passare alla fase di azione tuttavia un percorso completamente autonomo che segua le tappe nel loro ordine razionale, partendo quindi dalla lettura, passando attraverso la simulazione  e arrivando alla comprensione intellettuale degli assunti, non è sufficiente. Non può mancare una guida esterna che unisca  alla conoscenza del metodo la capacità di supportarci nell’affrontare  i nostri assunti  e l’ammontare di irrazionale ad essi legato.

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