I
sistemi industrali complessi, quali una raffineria o una centrale nuclerae,
sono caratterizzati da un elevato rischio operativo e da una elevata complessità.
Elevato rischio operativo e elevata complessità che, per chi non ha mai dovuto
affrontari in ambito industriale,
sono assimilabili alla sensazione di essere in balia degli eventi che proviamo
nell’era attuale della globalizzazione.
La
nostra capacità individuale e collettiva di dominare questa crescente
complessità non è sufficiente a farci dormire sonni tranquilli.
Viviamo in
tempi turbolenti, dominati da incertezze, recessioni e mercati sempre più
volatili. Queste ed altre manifestazioni della globalizzazione stanno
contribuendo ad un aumento drammatico di complessità in tutte le sfere della
vita sociale e, in maniera particolare nell’economia. Ma la globalizzazione è
il risultato dell’aumento della complessità o è proprio l’aumento della complessità
che da luogo alla globalizzazione?
La
globalizzazione, dal nostro punto di vista, emerge spontaneamente quando un
sistema socio-economico raggiunge un sufficiente grado di complessità.
L’aumento globale della complessità – che è conseguenza di determinate leggi
della fisica – è ciò che rende inevitabile la globalizzazione. Per gli stessi
motivi, una società sufficientemente complessa produce,
inevitabilmente, fenomeni come il terrorismo o l’emergenza di conflitti.
La nostra
società globale è come una enorme e dinamica rete, composta da nodi e
collegamenti. Il numero di collegamenti fra i nodi (individui, aziende,
mercati, nazioni) stanno aumentando velocemente, così come il numero di nodi
stessi. Analogamente a quanto accade nei sistemi industriali complessi.
Una
caratteristica fondamentale di questa rete è la sua entropia, che ne quantifica
l’incertezza. Poiché i nodi non si comportano sempre in un modo razionale e
prevedibile, i collegamenti sono “sporchi”. Poiché globalmente la quantità di
entropia può soltanto aumentare – conseguentemente alla Seconda Legge della
Termodinamica - mentre nuovi collegamenti vengono creati, molti altri vengono
distrutti. Questo processo è inevitabile. Infine, la rete è instabile, dinamica
e stocastica e il suo sviluppo e la sua entropia stanno accelerarando
velocemente. A che conduce tutto ciò? Il nostro mondo diventerà sempre più più
complesso, incerto e turbolento. L’unica costante è il cambiamento ed il tasso
di crescità della complessità sta aumentando.
È quindi facilmente comprensibile
quanto sia difficile ed arduo prendere le giuste decisioni in circostanze
simili. Non c’è più tempo per cercare ed implementare soluzioni ottimali ai
problemi che oltretutto sono intrinsecamente fragili e che sono più adatte a
circostanze dominate da stati di determismo. Ambienti instabili, incerti e in
rapida evoluzione, richiedono decisioni veloci e robuste.
Oggi è possibile misurare la
complessità di queste reti in una maniera razionale. È inoltre possibile
misurare il tasso di aumento della complessità. Chiaramente, alta complessità
implica un elevato sforzo di gestione.
Ecco perché, intuitivamente, gli esseri
umani preferiscono star lontani da situazioni altamente complesse. La migliore
tra le soluzioni funzionanti è quella più semplice.
Ma grazie allo studio della complessità
siamo in grado di valutare quando le reti dinamiche cominceranno a sgretolarsi.
Infatti, una data rete dinamica non può svilupparsi oltre il proprio limite
“fisiologico” noto come complessità critica. Quando questo limite viene
raggiunto, la rete diventa criticamente complessa e si comincia a comportare in
maniera fragile diventando, quindi, vulnerabile. Quando una parte della rete
globale “soffre” o si spezza, abbiamo una crisi.
L’alta densità dei collegamenti
garantisce una veloce propagazione delle crisi e dei traumi nel resto della
rete. Quindi un problema locale si trasforma rapidamente in un problema
globale.
La crisi sub-prime degli Stati Uniti ne
è un buon esempio. La crisi si è espansa rapidamente attraverso l’economia
mondiale.
A causa della natura della rete e, per
di più, a causa della relativa complessità che velocemente aumenta, simili
crisi diventeranno sempre più frequenti in tutti I sistemi complessi.
Siccome queste crisi hanno un impatto
non più locale ma globale sorge una domanda a cui dare una risposta: È
possibile anticipare e quindi prevedere tali crisi? Può l’anticipazione di
crisi trasformarsi in un nuovo paradigma di gestione e di management? La
risposta è affermativa.
Oggi, grazie alla disponibilità di
soluzioni innovative che consentono di misurare e di gestire la complessità, è
possibile anticipare crisi e conflitti. La disponibilità di un efficace sistema
di pre-allarme ha un valore economico e politico significativo.
Il concetto è semplice: lo stato di
salute di un dato sistema è proporzionale alla differenza fra la sua
complessità critica ed il valore attuale di complessità. In prossimità della
soglia di criticità il sistema diventa fragile e quindi vulnerabile.
Il punto è, quindi, la capacità di
poter misurare sia la complessità così come il corrispondente limite critico.
Ontonix ha sviluppato delle misure “naturali” per entrambi, lavoriamo
direttamente con i dati grezzi estraendo regole e relazioni tra i parametri utilizzando
delle tecniche di trattamento d’immagine appositamente sviluppate.
Con queste premesse possiamo stabilire
che un sistema entra in uno stato di pre-crisi quando si avvicina alla propria
soglia di complessità critica. La misurazione dell’andamento della distanza di
un sistema dalla relativa complessità critica fornisce direttamente una misura
della sua vulnerabilità.
I sistemi che vengono mantenuti ad una
distanza di sicurezza dalla criticità sono robusti e quindi godono di una bassa
esposizione al rischio. Questa regola ha validità generale e si può applicare
ad a impianti industriali complessi (centrali nucleari) così come a sistemi più
ampi (settore immobiliare o il controllo del traffico aereo). L’enorme valore
di questa metodologia trova le sue radici in un fatto fondamentale: il crollo
di sistemi sufficientemente complessi è spesso dovuto a cause endogene. Eventi
traumatici provenienti dall’esterno (esogeni) non sono affatto necessari per
distruggere un sistema molto complesso. E’ proprio l’elevata complessità che
diventa causa primaria della loro naturale vulnerabilità. La storia è piena di
esempi.
SEGUE....