Mi sembra che siano sempre attuali (in alcuni casi, come questa, profetiche) e come per gli articoli di Tony Rizzo ne pubblico la traduzione , fatta nei lontani anni novanta.
Personaggi e interpreti:
Alex, è Alex Rogo il protagonista di 2 business novell scritte da Goldratt, la prima, conosciuta in tutto il mondo e persino tradotta in Italiano - The Goal - L'Obiettivo - dell'inizio degli anni '80, la seconda, molto meno conosicuta ma molto più rilevante nella storia della TOC - It's not luck, del 1994.
Jonah, amico e compagno di studi di Alex, di professione consulente, non da risposte ma fa solo buone domande.
"Non è
sorprendente?"
"Cosa è così
sorprendente?" chiede Jonah più per educazione che per reale interesse.
"La forza di
un’affermazione di principio" rispondo con impazienza.
Il sopracciglio destro
di Jonah si alza, chiara indicazione del fatto che non ha la benché minima idea
di quello di cui sto parlando.
"La misura in cui
una nazione può prosperare solo perché è determinata a seguire una breve
frase," completo.
"Che c’è di tanto
sorprendente ?" è la piatta risposta di Jonah. "Un obiettivo
verbalizzato è sempre stata una delle armi più potenti nella storia delle
nazioni."
Cosa si può dire dopo
un commento simile? Rinunciando alla possibilità di avere una discussione
animata stasera, rivolgo lo sguardo alle fiamme che danzano nel caminetto.
Cinque minuti più tardi, Jonah rompe il silenzio. "Alex, che nazione e che
tipo di frase hai in mente?"
"Giapponese,
naturalmente."
"Sì, naturalmente.
Mi sarei dovuto ricordare della tua fissazione per il Giappone. Vogliamo
scommettere che la frase che hai in mente non è l’espressione di un obiettivo
ma qualche logoro cliché del tipo ‘eliminare gli sprechi’?"
"No, Jonah."
sorrido. "Ho imparato ormai che se ci si concentra a risparmiare un cent
di qua e uno di là il risultato è il risparmio di due cent, niente di più.
Questo non è certo il modo per fare fortuna nell’industria."
Jonah non sembra
convinto.
"I prodotti
giapponesi non sono più quelli maggiormente a buon mercato sulla piazza"
gli ricordo. "Al contrario, sono piuttosto costosi. Inoltre, i salari in
Giappone sono considerevolmente più alti dei corrispondenti in Europa e negli
USA e negli ultimi anni il corso del cambio valutario si è volto contro di loro
in modo significativo. Così l’unica conclusione ragionevole è che la gara in
cui sono avvantaggiati non può essere quella a chi risparmia nelle spese di
gestione ma deve essere qualcosa che impatta sulla capacità di aumentare il
throughput. ‘Eliminare gli sprechi’ non può essere l’affermazione centrale.
Quella a cui penso io è ‘le scorte sono una passività’."
"Proprio come
pensavo" mormora Jonah tra sé.
Leggermente irritato
continuo a condurre la discussione nella stessa direzione. "Il fatto che i
giapponesi seguano religiosamente questa affermazione di principio è, ai miei
occhi, la chiave del loro stupefacente successo."
"Davvero?"
chiede Jonah.
Quanto odio questa
parola! Quando Jonah la pronuncia, col suo accento israeliano, arrotando la ‘r’
ed enfatizzando la ‘e’ ‘davveeeerrrro???’ , vuol dire ‘hai assolutamente,
completamente e decisamente torto e nei prossimi minuti te ne renderai
perfettamente conto.’ Questa volta si sbaglia. Stavolta è caduto nella mia
trappola. So che linea offensiva userà e sono pronto al contrattacco.
"Sì", dico
con sicurezza " a dispetto di quello che tutti sostengono non è ‘qualità!’
, e posso provarlo facilmente. Negli ultimi anni i prodotti americani ed
europei hanno colmato il gap qualitativo . Per la maggior parte dei prodotti il
livello di qualità è pari se non superiore ma ciò nonostante la bilancia
commerciale continua a pendere in favore del Giappone, esattamente come prima.
Se questa non è una prova decisiva non so cosa possa essere. Come ho detto, la
cosa che dà loro un vantaggio schiacciante è la salda convinzione che le scorte
sono una passività" concludo in tono trionfante.
Jonah non sembra
impressionato, ma al contrario addirittura divertito. Deve esserci qualcosa di
sbagliato nel mio ragionamento ma dove? Scosso nella mia sicurezza, aspetto una
risposta.
"Alex, non
agitarti." dice con voce suadente. "E soprattutto non costruirti una
trincea emotiva. Sono assolutamente d’accordo con te sul fatto che la qualità,
benché sia un ingrediente importante, non costituisca la ragione principale del
successo giapponese. Ma, se non sbaglio, il tema sul tavolo è se il modo di
considerare le scorte rappresenti il nocciolo della questione o se, ancora una
volta, sia solo una componente."
Vedendo la mia
espressione continua precipitosamente " ti prego, non dirmi che hai già
fatto tua questa frase. Non dimenticare che, come ‘qualità!’, anche ‘ le scorte
sono una passività’ è un’affermazione che tutti rivendicano come loro."
"Benissimo"
dico alla fine, quello che mi piace delle discussioni con Jonah è che lo scopo
non è avere la meglio in una disputa o dimostrare chi è il più brillante ma
acquisire una comprensione più profonda di un argomento. Così faccio
rapidamente piazza pulita delle mie misere tentazioni egoistiche e aspetto con
ansia di vedere come Jonah affonderà il suo scalpello logico nella materia
della discussione.
"Penso che sarai
d’accordo con me che è improbabile che un’affermazione sbagliata possa portare
un intero paese alla prosperità. Abbiamo supposto che la frase ‘le scorte sono
una passività’ sia la ragione fondamentale del successo giapponese. Quindi il
minimo che dobbiamo fare è esaminare se questa affermazione sia o no
errata."
"Come pensi di
fare?"
"Per esempio,
ponendo una domanda assolutamente ‘innocente’, del tipo ‘le scorte sono davvero
una passività?’ "
"Ha senso"
concordo. Un attimo dopo aggiungo "Non so ancora come andare avanti."
"Suppongo" dice
Jonah "che dovremmo partire chiarendo a noi stessi cosa sia ciò che
chiamiamo solitamente ‘passività’ e allora sarà facile estrarne la proprietà
intrinseca che fa sì che ci riferiamo ad essa appunto come ‘passività’. Una
volta identificata questa proprietà dovremo semplicemente verificare se le
scorte la possiedono."
Annuisco.
"Cosa chiamiamo
‘passività’? L’unica cosa che mi viene in mente in questo momento è la
barzelletta dell’ingegnere che costruisce i ponti e di sua suocera. Meglio che
continui tu l’analisi. Ti spiace? "
"Assolutamente
no" prendo la palla al balzo. "Un prestito dalla banca è passività,
gli alimenti da pagare alla ex-moglie, qualsiasi cosa dobbiamo fare e non ci
piace è una passività. Sono le catene che portiamo intorno al collo. Siamo
sempre entusiasti all’idea di liberarcene. Se un banchiere mi chiamasse domani
e mi chiedesse se sono d’accordo a che la banca cancelli i miei debiti, non
avresti bisogno di essere un genio per conoscere la risposta. Sfortunatamente è
assai improbabile che ciò accada. Questo dove ci porta? Oh, certo. Chi è che ci
impedisce di liberarci dalle scorte? Di scagliarle domani mattina nel profondo
dell’oceano? Naturalmente non ci sogniamo nemmeno di fare una cosa del genere.
Niente scorte significa anche niente materia da lavorare e niente prodotti da
vendere. Quante volte ho pregato di avere delle scorte per soddisfare un
cliente che mi incalzava ululando! Inoltre, rinunciare alle scorte equivale a
rinunciare a delle preziose attività, il che è stupido."
"Bene, bene."
Jonah ride "Non dirmi che sei riuscito a convincerti che, tutt’ a un
tratto, le scorte sono un’attività."
"Perchè no, questa
è la categoria sotto la quale appaiono in sede di bilancio. E, come abbiamo
concordato molto tempo fa, alla fine quello che conta è il risultato
finale."
"Alex, stai
parlando sul serio?"
"No, Jonah, sto
scherzando. Stai tranquillo, non mi sono convinto che avere più scorte in
magazzino sia meglio. Sappiamo benissimo che un eccesso di scorte riduce la
capacità di competere sul mercato e di conseguenza il throughput futuro."
"Allora cosa sono
le scorte? Attività o passività?" chiede Jonah.
"Secondo la nostra
analisi, le scorte possono essere sia l’uno che l’altro. Quindi la vera
questione dovrebbe essere : ‘quando sono attività e quando passività?’ Per
rispondere a questa domanda dobbiamo ricordarci che lo scopo di avere scorte è
solo proteggere il throughput. Allo stesso tempo sappiamo che un eccesso di
scorte mette a rischio il potenziale per ottenere più throughput. Seguendo
questi principi penso che non mi sarebbe troppo difficile delineare una
procedura che possa distinguere le scorte tra attività e passività. Credo che
sia importante stabilire una simile procedura, specialmente alla luce del fatto
che le circostanze cambiano assai rapidamente nelle nostre organizzazioni.
Perché non dedichiamo una sera a discuterne? "
Jonah non sembra
sopraffatto dall’entusiasmo.
"Pensaci"
dico dopo un po’. "C’è un altro punto molto importante collegato a questo.
Oggi, nel bilancio di qualunque azienda, le scorte vengono registrate sotto le
attività. Se questo però non è sempre vero, se concordiamo sul fatto che una
considerevole porzione delle scorte sono effettivamente una passività, in che
modo dovremmo gestire il corrispondente cambiamento richiesto nei report
finanziari?"
"Questo è parlare
" Jonah è di nuovo preso.
Vado alla carica pieno
d’entusiasmo."Se un’azienda si libera di una passività riducendo il suo
eccesso di scorte, sul risultato finale ciò non dovrebbe avere un effetto
negativo ma piuttosto positivo. Sì, il cambiamento richiesto ha delle
implicazioni serie."
"Come ad
esempio?" Jonah mi incoraggia a continuare.
"Come le
conseguenze sulle valutazioni di Wall Street e quindi sui top manager delle
aziende le cui azioni sono trattate alla Borsa Valori. Come l’impatto sulle
aziende che devono soldi alle banche. E - non meno importante- le implicazioni
sulle tasse."
"Bene, " dice
Jonah "forse dobbiamo dedicare una serata a discutere questi
problemi."
"Decisamente. Ma,
Jonah, vorrei prima mettere un punto fermo alla nostra discussione originaria.
Ero piuttosto convinto di aver trovato il motivo centrale del successo
giapponese ma adesso mi rendo conto che era solo un ingrediente tra i tanti.
Facciamo il punto della situazione. Sappiamo che non è la manodopera a buon
mercato, non è il cambio favorevole, non è decisamente l’aiuto del governo e
non sono le barriere doganali. La conclusione a cui siamo arrivati stasera è
che non è la campagna per ‘eliminare lo spreco’ , non è ‘qualità!’ e nemmeno la
campagna per ‘ridurre il magazzino’- sono tutte componenti importanti ma non
sono l’elemento centrale. Ma quello che sappiamo soprattutto è che il nocciolo
della questione è qualcosa che è legato alla capacità di aumentare costantemente
il throughput ."
"Sì, Alex, questo
lo sappiamo bene. Hai una qualche vaga idea di cosa possa essere?"
"Neanche un
indizio. " confesso "Quello che ho adesso è un mal di testa
galoppante."
"Lo prendo come un
segnale del fatto che ne abbiamo abbastanza" concorda di buon grado.
"Francamente sì.
Ma dammi almeno un indizio, qualcosa a cui aggrapparmi in modo che possa
continuare a pensarci per conto mio. Non stasera."
"La mia
riflessione" risponde Jonah, " è la seguente: i giapponesi si sono
liberati del modello obsoleto del cost accounting nella misura in cui hanno
capito che il prezzo del prodotto è un concetto derivato dal costo del prodotto
più il margine. Ciò di cui probabilmente si sono resi conto è che, da quando il
concetto di costo del prodotto non si applica più alla nostra realtà, la
nozione di un prezzo di prodotto dato, fisso, è altrettanto devastante."
"Tu lo chiami un
indizio?!"
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