domenica 6 settembre 2015

Viable Vision – portare un’impresa ad avere, in meno di quattro anni, un’utile pari all’attuale livello di fatturato - lucida follia?


Probabilmente il modo migliore di spiegare quello che intendiamo con Viable Vision è citare la frase contenuta in una lettera inviata da Eli Goldratt ai top manager delle aziende americane: “Quando si svolgo l’analisi di un’impresa, ci si può ritenere in qualche modo soddisfatto solo se si vedono chiaramente la possibilità di portare l’impresa ad avere, in meno di quattro anni, un’utile pari all’attuale livello di fatturato”.

Conoscendo la reazione della maggior parte delle persone a tale dichiarazione, la frase successiva era: “Stiamo anche molto attenti a non fare partecipi delle nostre aspettative il top management; essi le considererebbero una indicazione decisiva del fatto che le soluzioni proposte non sono realistiche”.

Durante il 2003 è stata  testata la reazione dei top managers al concetto di Viable Vision. Nel far ciò si è posta grande attenzione nell’esporre le ragioni per cui c’è la convinzione  che tale “visione”, apparentemente incredibile, si possa conseguire. Abbiamo iniziato condividendo la diagnosi su cosa blocca attualmente una migliore prestazione della loro impresa. 

Sulla base di ciò, utilizzando in modo rigoroso la logica di causa ed effetto, si sono  dedotte le azioni concrete da intraprendere per rimuovere il blocco. Poi si sono dettagliati i passi da intraprendere per capitalizzare tale innovazione; i passi che permetteranno all’impresa di avere, in meno di quattro anni, un utile pari alle vendite attuali annue.

A questo punto, la prima reazione dei top managers è stata: “Questo sì che è buon senso, che aspettiamo a metterlo in pratica?”
Perché non ci hanno mai pensato prima? Per quale motivo è opinione comune che, a meno che l’impresa produca un solo prodotto o che sia molto piccola, non è realistico aspettarsi un tale incremento dell’utile? Per quale motivo, sebbene sia possibile costruire una “Viable Vision” per più della metà delle imprese esistenti, l’opinione prevalente è che ciò sia impossibile?
La risposta a ciò dipende dal fatto che la maggior parte delle persone non è consapevole che qualsiasi sistema complesso sia basato su una propria semplicità intrinseca.
Capitalizzare sulla semplicità intrinseca è ciò che rende possibili miglioramenti straordinari entro breve tempo.
Cosa si intende per “semplicità intrinseca”?



Per spiegare il concetto dobbiamo prima chiarirci su ciò che intendiamo per sistema complesso: “più sono le informazioni necessarie a descrivere in modo esauriente un sistema, più lo definiamo complesso.” Se si potesse descrivere completamente un sistema con quattro frasi, esso sarebbe semplice. Al contrario, se ci volessero migliaia di pagine per descriverlo, si tratterebbe di un sistema complesso.

Quanto è complesso il sistema che state gestendo? Di quante pagine avete bisogno per descrivere ogni parte di ogni processo, le relazioni con ogni cliente, ecc.? 

Non è una novità che tutte le imprese, anche le più piccole, siano estremamente complesse. Tanto meno è una novità che sia difficile gestire un sistema complesso.

E allora come possiamo gestire un sistema complesso? Lo dividiamo in sottosistemi. Ogni sottosistema è, per definizione, meno complesso del sistema originario. Se avete qualche perplessità nell’ammettere che ciò è precisamente quello che si fa, date un’occhiata al vostro organigramma.
Dividere un sistema in sottosistemi ha il suo prezzo. Ci porta a perdere la sincronizzazione tra le parti; ci porta a dannose ottimizzazioni locali e, in vari casi, alla dannosissima mentalità di funzione. Poiché i nostri sistemi sono incredibilmente complessi, sembra che l’unica cosa che sia possibile fare per migliorare sia minimizzare i prezzi; fare il possibile per migliorare la sincronizzazione, ed incoraggiare una migliore collaborazione tra i sottosistemi.

Finché consideriamo questa come unica opzione, avremo l’impressione che il conseguire un miglioramento significativo nei profitti in un tempo relativamente breve sia una rarità.

Avremo l’impressione che portare l’impresa ad avere, in meno di quattro anni, un’utile pari all’attuale livello di fatturato sia una cosa non realizzabile.

Per comprendere il reale potenziale di un’impresa è necessario ragionare in modo più profondo sul concetto di complessità. Ciò che infastidisce la maggior parte di noi è il fatto che una parte delle informazioni che caratterizza il nostro sistema non ha a che fare con un unico componente del sistema stesso, ma con le relazioni tra due o più componenti. In altre parole, la cosa che rende il nostro sistema difficile da gestire è che ciò che viene fatto in una determinata parte ha ramificazioni in altre parti; le relazioni di causa ed effetto fanno sì che il sistema assomigli a un labirinto.

Ma ciò rende disponibile la chiave della soluzione.
Pensate nella logica seguente.
Esaminate un dato sistema e chiedetevi, qual è il minimo numero di punti su cui occorre agire per avere un impatto sull’intero sistema? Se la risposta è “dieci punti”, allora abbiamo a che fare con un sistema difficile da gestire, esso ha troppi gradi di libertà. È come cercare di gestire un gruppo di gatti selvaggi. Ma, se la risposta è “solo un punto”, il sistema ha un solo grado di libertà, ed è facile da gestire.
Ora, siete d’accordo sul fatto che più sono le interdipendenze esistenti tra i vari componenti di un sistema e meno gradi di libertà esso possiede? Considerando l’enorme complessità del vostro sistema, da quanto sopra si deduce che ci devono essere solo pochissimi elementi che ne governano il funzionamento. In altre parole, più un sistema è complesso, più profonda è la sua semplicità intrinseca.
Per ottenere vantaggi dalla semplicità intrinseca dobbiamo essere in grado di individuare i pochi elementi che governano il sistema. Inoltre, se ci chiariamo sulle relazioni di causa ed effetto tra tali elementi e tra tutti gli altri elementi del sistema, possiamo gestirlo in modo da ottenere un livello di prestazione di molto migliore.
Questi pochi elementi, che determinano il livello di prestazione del sistema, sono i suoi vincoli.

Ciò implica che i vincoli sono anche le leve gestionali del sistema. Da qui il nome che Goldratt ha scelto per descrivere questo approccio – la Teoria dei Vincoli (Theory of Constraints – TOC).

Venti anni fa Goldratt ha dimostrato l’efficacia dell’approccio TOC nei sistemi produttivi (stabilimenti di produzione) nel libro The Goal. Poi ha esteso la dimostrazione ai contesti di progetto nel libro Critical Chain. I concetti di marketing e di strategia delle imprese sono trattati in It’s Not Luck.

Se avete letto uno qualsiasi di questi libri, probabilmente sarete d’accordo che le conclusioni a si arriva sono frutto del puro buon senso, anche se contraddicono la pratica comune. Inoltre, se siete uno dei tanti managers che nella realtà hanno tradotto i consigli in pratica avete esperienza di prima mano riguardo agli impressionanti miglioramenti e al tempo sorprendentemente breve in cui li avete conseguiti.

Tuttavia, è possibile una Viable Vision per la vostra impresa? È credibile portare la vostra impresa ad avere, in meno di quattro anni, un utile pari all’attuale livello delle vendite?
Gli ostacoli sembrano insormontabili. Per esempio: è ovvio che un tale salto nei profitti è impossibile senza un enorme aumento delle vendite. Un enorme aumento delle vendite può essere conseguito solo se l’impresa potrà disporre di nuove offerte che saranno non rifiutabili dai suoi mercati.

Possono esistere offerte di questo tipo? È possibile che le
imprese siano in grado di tener fede a tali offerte? Quali investimenti saranno necessari? E anche nel caso tutto questo sia possibile, il management è in grado di implementare e sostenere tale cambiamento?

In queste due pagine (pochi minuti) non siamo in grado di rispondere a queste domande (e a tante altre). Ma se vi unite a noi per un giorno penso che possiate avere un numero sufficiente di risposte convincenti da condividere la nostra proposta di business.

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