lunedì 25 aprile 2016

La TOC in un tweet (quasi)


 La Theory of Constraints (TOC) o Teoria dei Vincoli è una teoria di sistema che fornisce soluzioni e strumenti per generare valore attraverso la gestione ed il superamento dei fattori che limitano la crescita delle organizzazioni.
La TOC è stata divulgata al mondo da Eli Goldratt attraverso molti libri, il più famoso dei quali è “The Goal” (L’Obiettivo nella traduzione italiana), venduto in oltre quattro milioni di copie e tradotto in numerose lingue. Il libro diffonde in modo avvincente questa filosofia gestionale, completamente diversa da quanto mai studiato e proposto dalle organizzazioni industriali manifatturiere e dalle scuole di management.
L’impresa è concepita come un sistema complesso, composto da processi interdipendenti e correlati tra loro; il funzionamento dell’intero sistema è governato da pochi fattori, i constraint o vincoli, che ne determinano la prestazione. I constraint diventano le leve su cui agire per controllare il sistema e orientarlo al raggiungimento dell’obiettivo. All’inizio della storia la TOC non si chiamava così.
A metà degli anni ‘70 Eli Goldratt sviluppò su basi scientifiche un metodo (e un software a supporto) di sincronizzazione delle risorse produttive che rivoluzionò i correnti metodi di pianificazione della produzione. Diede inizio al Syncronous Manufacturing (SM) che, ancora oggi, è ritenuto universalmente la più potente e avanzata metodica di programmazione della produzione.  Per più di 10 anni le idee della futura TOC furono applicate da Goldratt e i suoi collaboratori quasi esclusivamente nell’ambito delle operations: produzione, logistica, ecc. Come sempre accade, a far terminare questa situazione fu la necessità. Il Syncronous Manufacturing faceva ottenere mirabolanti risultati solo se alla guida dell’azienda, seppure come consulenti, ci stavano Goldratt e i suoi. Lasciate a se stesse, le aziende non erano in grado di ottenere il meglio dal SM.
Per far crescere la sua azienda di consulenza e software, Goldratt si trovò obbligato a inventarsi un modo per trasferire la sua conoscenza, la sua capacità, il suo modo di pensare le imprese. D’altro canto, il segreto del SM non sta tanto negli algoritmi, che pur sono potenti, ma nel suo rivoluzionario modo di pensare i sistemi che è nascosto negli algoritmi (e quindi nel software) stessi. Per mostrare che ciò che proponeva era qualcosa di sostanzialmente nuovo, fu cambiato il nome e nacque la TOC.
Ci vollero 10 anni per mettere a punto gli strumenti (che oggi conosciamo con il nome di Thinking Processes tools della TOC) adeguati per pensare i sistemi nella stessa maniera in cui ci riuscivano Goldratt e i suoi. I TP tools (che in italiano vengono chiamati strumenti a supporto dei processi di pensiero) sono, allo stesso tempo, la sintesi più completa del pensiero sistemico TOC ed un set di strumenti per aiutare a pensare soluzioni per le nostre aziende. 
Nel 1994, anno che fa da spartiacque, è stato pubblicato il libro sui TP tools, “It’s not luck”, con lo stesso protagonista del primo libro, “The goal”, alle prese con problemi che andavano oltre la sua esperienza aziendale e che riesce a risolvere proprio grazie ai TP tools a cui è stata dedicata un’apposita appendice nella prima edizione di questo libro. Negli anni seguenti sono stati sviluppati soluzioni e approcci TOC per molti ambiti aziendali: project management, marketing e vendite, sistemi informativi.
Attualmente, l’interesse di Goldratt è rivolto a sistemi complessi e fondamentali quali quello educativo e sanitario. In questa seconda fase, la TOC non ha avuto, fino ad ora, il successo clamoroso che ha caratterizzato il periodo del SM. Si può spiegare questo fatto ricorrendo ad un’analogia che i fan di Guerre Stellari capiranno bene: il SM è come la spada laser impugnata dall’eroe, scintillante, potente, tangibile, i tools sono come la “forza”, difficile da afferrare, sfuggente, all’apparenza assurda.
Ma senza la “forza” la spada laser è sostanzialmente inutile.  La prestazione di un’azienda-sistema si misura con la capacità di raggiungere in tutto, in parte o per nulla gli obiettivi che ci si pone.

Guardando bene, ci si accorge che c’è sempre un qualcosa che impedisce di ottenere il massimo: che nessuna azienda, fatta eccezione forse per qualche gigante o per i monopolisti, è in grado di crescere o di migliorarsi senza limiti. In altre parole, l’esperienza ci suggerisce che le prestazioni di un sistema sono determinate da un fattore limitante, chiamato dalla TOC “constraint” o “vincolo”.

Poiché nelle aziende solitamente l’obiettivo è guadagnare dei soldi e la misura di questo è il denaro che si genera svolgendo l’attività propria dell’azienda, il constraint è l’elemento che determina il ritmo al quale l’azienda genera denaro attraverso la vendita di ciò che essa produce. Il valore così generato dal sistema viene chiamato dalla TOC “Throughput” (spesso abbreviato in Tput o T).
Il Tput è la quantità di denaro che l’azienda genera vendendo le cose che produce, detratti i soldi pagati ai fornitori. Un’ora di lavoro del constraint è un’ora di Tput e, di conseguenza, ogni minuto di mancato utilizzo del constraint è Tput perso.
Sebbene sia familiare il concetto che ci sia un limite alla crescita, non è altrettanto familiare pensare che in ogni azienda ci sia un solo fattore limitante o vincolo. Anzi, l’esperienza suggerisce che di vincoli ce ne sono sempre molti, che è difficile eliminarli tutti e che il problema sta proprio in questo.
Occorre prima di tutto sgomberare il campo dall’idea che avere un vincolo sia qualcosa di negativo. In realtà, l’esistenza di un vincolo è legata proprio al fatto che le aziende siano dei sistemi. Immaginate di dirigere una squadra di booling invece di un’orchestra; l’eccellenza di una squadra di booling è tipicamente la somma dei risultati dei singoli componenti. Una squadra di booling non è un sistema. In un sistema, le interazioni (interdipendenze) contano a volte più dei singoli nel determinare il risultato finale.
Se ci sono interdipendenze c’è un vincolo. 
La prima idea forte della TOC è di considerare il vincolo non come un fattore limitante, ma come un’opportunità per controllare meglio e far crescere l’azienda. Il ruolo vero del vincolo è di leva strategica, di fulcro sul quale agire per migliorare l’efficienza dell’azienda. Nella realtà di ogni giorno constatiamo che ci sono molti fattori che ci ostacolano, impedendoci di raggiungere in pieno i nostri obiettivi aziendali.
Quando pensiamo al miglioramento, pensiamo istintivamente ad una continua lotta senza fine con questi fattori limitanti e, di conseguenza, si tende ad associare alla parola vincolo un significato negativo. Ma questi vincoli sono una manifestazione palese di una sola causa, sfuggente e poco appariscente, che li origina tutti.
Eliminare sistematicamente i “colli di bottiglia” non migliora considerevolmente la situazione. Infatti, se dopo aver individuato un collo di bottiglia, lo eliminiamo, subito dopo se ne presenta un altro! Questa forma di rincorsa ai vincoli è una lotta senza fine e senza significato.

Per cambiare strutturalmente la situazione, è necessario eliminare le cause, risalire quindi alle radici dei problemi.  Il percorso generale per migliorare l’efficienza di un’azienda consiste nelle seguenti fasi:
1. scegliere strategicamente il vincolo di sistema;
2. organizzarsi per sfruttarlo al meglio (con un processo di pianificazione delle risorse);
3. introdurre le misure opportune (fondate sul concetto di Tput) per favorire il processo di subordinazione (termine con cui la TOC si riferisce all’adozione, in tutto il sistema, di comportamenti orientati all’efficienza dell’intero sistema e non solo all’efficienza locale);

4. individuare e superare tutti i vincoli cognitivi che ostacolano questo processo, compresi quelli che impediscono all’azienda di vendere di più e meglio.