venerdì 10 giugno 2016

I gioielli della corona – una “parure” di strumenti sistemici per liberare il valore intrappolato.

DFC – CARTE DI CONTROLLO – UDEs – CRT (CURRENT REALITY TREE)

Immaginate un incarico di consulenza come un volo con Ryanair, che vi obblighi a portare pochissimo “bagaglio a mano”, di poter portare con voi solo pochi strumenti,  quali portereste? La mia scelta ricade sui 4 che ho soprannominato “i gioielli della corona”, se me li portassero via sarebbe come rubare i gioielli della corona britannica, una tragedia nazionale. E’ una scelta partigiana, d’altra parte le scelte sono partigiane per definizione.

Per gli amanti dei fumetti Marvel potrebbero essere i Fantastici 4 (anche se io ho sempre preferito il mitico Thor!!), li elenco in ordine sparso:

DFC – diagrammi di flusso dispiegato
SPC (carte di controllo) – controllo statistico di processo
UDEs – effetti indesiderati
CRT – albero della realtà corrente

Non provengono tutti dalla stessa fonte, hanno età diverse (ci sono gli ultranovantenni e i poco più che maggiorenni), hanno in comune la visione sistemica delle organizzazioni; visione sistemica significa aver capito che il miglioramento dell’organizzazione dipende molto di più da quanto funzionano bene le interdipendenze che da quanto bene funziona ogni singola area aziendale.

Allacciatevi le cinture, faremo conoscenza dei loro “poteri” con un piccolo caso aziendale.

In New Economics for Industry, Government, Education c , Deming dice che il Diagramma di Flusso in Figura 1 era: "...la scintilla che a partire dal 1950 e negli anni successivi modificò profondamente il Giappone. Il Diagramma di Flusso fornì al top management e agli ingegneri un sistema di produzione. I Giapponesi avevano conoscenza, grande conoscenza, ma era frammentata, non coordinata. Il Diagramma di Flusso indirizzò la loro conoscenza e i loro sforzi verso un sistema produttivo orientato al mercato – cioè indirizzato a comprendere i bisogni dei clienti. Tutto il mondo sa quali sono stati i risultati."

Questo semplice Diagramma di Flusso era sulla lavagna in ogni conferenza del top management a partire dal 1950.

Un Diagramma di Flusso rappresenta un processo esattamente come una mappa. Tale rappresentazione

• descrive il flusso di materiali, informazioni e documenti;
• evidenzia le diverse attività che fanno parte del processo;
• mostra che le attività trasformano un input in un output;
• indica quali sono le decisioni che devono essere prese lungo la catena;
• dimostra le interrelazioni e interdipendenze essenziali tra le fasi del processo;
e ci ricorda che la forza di una catena dipende dal suo anello più debole.

La maggior parte dei processi oltrepassa i confini dipartimentali o funzionali per poter fornire prodotti/servizi al cliente, va oltre le gerarchie disegnate dall'organigramma.

I Diagrammi di Flusso sono dunque gli strumenti necessari a capire dove, come e se, gli anelli della catena aggiungono valore alla stessa. Poichè i confini fra i compiti sono definiti più chiaramente e la comprensione dei processi è facilitata le persone sono in grado di vedere esattamente qual è il loro contributo al raggiungimento dell'obiettivo del processo. Inoltre, "Un Diagramma di Flusso ci permette di sapere in anticipo, quali saranno le parti di un sistema che subiranno variazioni - e di che entità - a seguito di un cambiamento effettuato su uno o più parti dello stesso." E voilà…. Fatti non parole.

Quello rappresentato in figura è un flusso che viene attraversato un paio di centinaia di volte l’anno. Che coinvolge valore per 10 alla 8 euro. Che impegna 10 alla 3 persone. Sarebbe interessante poter predire i suoi effetti? Solo un folle o un amante del gioco d’azzardo direbbe di no.

Una volta disegnato è facile per tutti vedere in che punto del flusso si sta operando, quali sono le conseguenze delle proprie azioni, quali cambiamenti possono migliorare il flusso stesso.

Si possono prendere le misure ed essere sicuri che si sta utilizzando lo stesso metro di misura (un dfc è un po’ come il mitico metro di platino iridio di Sevre, il campione di riferimento universale).

Ad esempio su questo dfc si possono definire alcune misure:

il  tempo attraversamento reale (TAR)
il tempo attraversamento teorico (TAT)
Scostamento % = TAR –TAT / TAT

Migliorare i processi di management quindi consiste nel puntare continuamente alla perfezione, ma anche nel tentare di ridurre il più possibile la variabilità dell’output dei processi.

Quando otteniamo il controllo di un processo, possiamo prevedere accuratamente l’intervallo entro il quale varierà il nostro output. Questo è ciò che intendiamo quando diciamo che il nostro processo è in controllo.
In altre parole, possiamo prevedere ciò che il processo farà se rimane in controllo.
Perchè vorremo poter fare questo?

Se vogliamo essere i manager dei nostri processi piuttosto che le vittime, dobbiamo raggiungere questo controllo.
Quando diciamo che un processo è in controllo, non significa necessariamente che sia valido. “In controllo” significa solo che il processo è prevedibile. Può essere prevedibilmente scadente!
Può prevedibilmente produrre risultati di cui non siamo contenti.
Ma quando il nostro processo è in controllo, almeno capiamo meglio il suo comportamento e siamo quindi nella posizione di poter fare qualcosa a riguardo. Se il nostro output più prevedibile passa attraverso altre persone dell’azienda, allora anche il loro lavoro diventa più prevedibile. Essi possono fare affidamento su di noi. Non devono tener conto di un’ampia variabilità nel loro output.
Possono pianificare meglio il loro lavoro. Ogni cosa inizia a scorrere più tranquillamente. Possono passare ai loro clienti un prodotto o servizio migliore.
Migliorare il processo di management ha il doppio obiettivo di “ridurre la variabilità e puntare alla perfezione”

Per fare questo ci serve un metodo che si chiama SPC e che ha nella “carta di controllo” la sua manifestazione concreta. Per usarlo serve l’aritmetica delle elementari (somme, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni). I risultati sono strabilianti. La comprensione del processo è molto maggiore avendo sottomano una carta di controllo, ad esempio questa:

E se scopriamo che il nostro processo è predicibile MA produce anche UDEs (effetti indesiderati) cioè risultati non all'altezza delle aspettative (scarti, MUDA, inventory)? Non ci rimane che migliorare il processo, ma se la situazione è complessa (si veda il diagramma di flusso in figura) da dove comincio? Qual è il punto su cui fare leva per ottenere il miglior risultato con il minore sforzo? Come faccio a mettere d’accordo punti di vista differenti, di persone che vengono misurate in modo diverso?

E qui un colpo di genio, utilizzare gli “scarti” del processo, i nostri UDEs come materia prima del processo di miglioramento; la strumentazione che ci serve per mettere a fuoco il punto critico, per ridurre la complessità a semplicità, ce lo fornisce la TOC – Theory of Constraints, si chiama CRT (current reality tree – albero della realtà corrente).

IL CRT consente di scavare in profondità per risalire dai sintomi (UDEs) alle situazioni che li causano, è uno strumento che favorisce il lavoro di gruppo, che favorisce la verbalizzazione degli assunti (ricordate daniel kanheman e il suo libro pensieri lenti e veloci…) è uno strumento che ingegnerizza e ottimizza le tecniche dei “molti perché”.
Il CRT è una mappa causa effetto che collega il problema centrale (espresso sotto forma di conflitto – vedi post “il potere liberatorio del conflitto”) ai sintomi percepiti.
Una volta individuata la causa radice è possibile estirparla con tutti i sintomi (UDEs) ad essa collegati.
Ma il CRT fa anche di più, permette di misurare molto precisamente la quantità di cambiamento che le persone sono disposte a fare in cambio del miglioramento ottenibile. Permette di misurare quindi la portata del vero e unico fattore limitante una organizzazione, gli assunti delle persone che la compongono e in particolare di quelle persone cui è demandata la guida dell’organizzazione, il management.

Un CRT ha questa faccia:




Costruirlo è un lavoro alla portata di tutti, basta avere intuizione, esperienza della realtà che si vuole mappare, un po’ di tempo e qualche post-it.
Che cosa ottenete in cambio del tempo e dell’energia necessaria per costruire un CRT? Trovate la causa radice, la possibilità di ristrutturare il processo in modo tale che gli UDEs non si presentino più (fine dei MUDA, dell’inventory, degli scarti e delle rilavorazioni) e grazie a SPC sapete anche quanto vi stanno costando…. Calcolare il break even non è mai stato così facile….
Ottenete anche una grande coesione tra le persone, il CRT illustra molto bene la “prigione” in cui tutti sono rinchiusi e indica la strada per uscirne. Permette di spersonalizzare il problema, di coalizzarsi contro il problema comune.
Insomma permette di uscire dalla buca in cui siete e “tornare a riveder le stelle!